di Michele Lamanna
Il Rapporto sul futuro della competitività europea presentato da Mario Draghi lo scorso 9 settembre ha destato commenti favorevoli anche in ambienti “sovranisti”, sostenitori della politica dei bonus fiscali.
In detto Rapporto, infatti, l’ ex manager di Goldman-Sachs, ex Governatore della Banca d’Italia, ex Presidente della BCE, ex Presidente del Consiglio dei Ministri del governo italiano, e, attualmente, incaricato dalla Presidente della C.E. Ursula Von der Layen di delineare una strategia per la competitività della UE, ha proposto di reintrodurre lo strumento della cessione del credito d’ imposta onde favorire investimenti nel settore privato.
Pertanto, qualche sostenitore della moneta fiscale si è spinto a sostenere la sostanziale conversione di Draghi verso il sovranismo , considerato che lo stesso aveva , di fatto, affossato l’ ormai famoso Superbonus 110%. Tali reazioni favorevoli, ci forniscono l’ occasione per puntualizzare un aspetto, in verità non nuovo, che spesso crea confusione anche all’ interno dello stesso “fronte sovranista”.
Il credito d’ imposta cedibile viene talvolta considerato una sorta di modalità attraverso cui si realizza l’emissione monetaria, tanto da indurre alcuni ad affermare che lo Stato, istituendo la cedibilità del credito d’imposta, successivamente scontato in banca in cambio di euro, abbia creato moneta dal nulla.
Ora, indipendentemente dalle valutazioni ( che non costituiscono l’ oggetto delle nostre riflessioni in questa sede) circa il fatto che uno strumento come la cessione del credito d’ imposta possa essere più o meno efficace nel favorire il finanziamento degli investimenti, non possiamo non considerare che la suddetta cessione non ha nulla a che vedere con l’ emissione monetaria, ma, semmai, afferisce solo alla circolazione monetaria.
La massa monetaria complessiva non aumenta cedendo i crediti d’ imposta al sistema bancario, che, successivamente lo esigerà dall’ Erario; con tutto ciò che questo comporta come, ad esempio, l’incremento generalizzato dei prezzi che, prima o poi, penalizza tutti tranne pochi, a cominciare da coloro (privati ed imprese) che sono fuori dal meccanismo della cedibilità ( posto che non vantano crediti fiscali), ed i cui redditi non lievitano automaticamente all’aumentare dell’ inflazione.
Chi sicuramente ci guadagna, come al solito, è il sistema bancario che sconta la cessione del credito pro-soluto a condizione economiche di non poco conto: basta sfogliare i fogli informativi pubblicati dalle banche per accorgersi che il prezzo di acquisto del credito d’ imposta arriva finanche ad appena il 65% dell’ importo del credito ceduto! Ciò detto, non vogliamo demonizzare lo strumento della cessione del credito fiscale; ma neanche osannarlo ad ovvia soluzione dei problemi che attanagliano la nostra economia; né, farlo passare per “moneta positiva” (a credito).
La cessione del credito fiscale rimane pur sempre nella logica della moneta-debito: lì è il vero problema, che può essere risolto solo per mezzo della statuizione della proprietà popolare della moneta al momento della emissione, secondo la magistrale lezione del prof. Giacinto Auriti. In questa prospettiva, la riproposizione della cessione dei crediti fiscali da parte di Draghi rappresenta l’ennesimo assist a favore dell’ usurocrazia finanziaria e non una vittoria del sovranismo.
Sostenere , come è stato fatto in questi giorni, che “quando il nemico ti copia , hai già vinto” non ha molto senso poiché se una delle premesse di una proposizione è falsa ( la cedibilità del credito d’ imposta avviene a credito), anche la proposizione susseguente è falsa ( la cedibilità crea sovranismo).
E Draghi non è stato folgorato sulla via di Damasco…..
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